Informazioni sulla gravidanza
Non viva come singolare la sua preoccupazione sul suo futuro bambino: ogni donna che pensa di diventare mamma vive la paura che il proprio figlio possa avere qualche problema. Il più delle volte questa preoccupazione, per fortuna, è proprio eccessiva. Periodici controlli fin dall’inizio della gravidanza sono una garanzia per il normale svolgimento della gravidanza stessa e per la salute del feto. Da che cosa derivano i principali difetti del neonato? Spesso da fattori ereditari, altre volte dall’esposizione a sostanze pericolose in gravidanza: mercurio e piombo, tossine prodotte da infezioni contratte durante la vita intrauterine, a volte un miscuglio di fattori ereditari e rischi acquisiti. La più parte dei problemi si diagnosticano alla nascita: sono quelli congeniti. Molti bambini con difetti congeniti nascono da genitori che non sembrano avere alcun difetto particolare,ma sono più ricorrenti in quelle famiglie nelle quali alcuni problemi sono già presenti. E’ possibile effettuare alcuni test diagnostici: la scelta è propria di ogni mamma. Molte decidono di non effettuarli, altre preferiscono sapere prima. La gravidanza è un fatto del tutto normale per una donna: non ci si deve sentire improvvisamente malate, anche se a volte compaiono fin dall’inizio dei piccoli disturbi. Se si è sicure di aspettare un bambino, è meglio però fare al più presto una visita ostetrica per controllare che tutto sia cominciato bene e per imparare come comportarsi per evitare che sorgano dei problemi in futuro. Molte donne pensano ancora oggi che una visita ostetrica all’inizio della gravidanza possa rappresentare un pericolo: al contrario, un controllo ben fatto non provoca alcuna situazione pericolosa ed è l’unico sistema per ottenere per tempo alcune informazioni della massima importanza. Solo con una visita ostetrica, infatti, è possibile valutare la posizione, la dimensione e la consistenza dell’utero gravido e quindi diagnosticare la normalità o la patologia di una gravidanza appena iniziata. Naturalmente è dovere del medico cercare di prevedere e di prevenire, nei limiti del possibile, gli eventuali problemi. Questa prima visita deve aiutarlo innanzitutto a capire se la paziente fa parte di quel 20% circa di donne che possono avere una gravidanza “a rischio”, ossia più esposta della media al pericolo di complicazioni, mentre, se si riconoscesse qualche minaccia per la salute della madre o del bambino, si potrà iniziare tempestivamente una terapia mirata ed efficace: anche se oggi l’assistenza al momento del parto è efficiente, la gestante deve sapere che l’integrità psicofisica del bambino dipende in gran parte da lei.
Una corretta alimentazione durante tutto il periodo della gravidanza, sia come quantità che come qualità, è alla base del benessere sia materno che del bambino. Una attenta alimentazione si potrà poi ripercuotere positivamente sia al futuro nascituro sia alla mamma stessa. Durante la gravidanza la quantità di calorie da introdurre dovrà essere di poco maggiore di quella abituale, circa 200/300 chilocalorie in più al giorno (ATTENZIONE:non abbiamo detto di mangiare per due!!!!) E’ molto importate che la gestante impari a sorvegliare il proprio peso (è normale un aumento medio mensile di 1 Kg .fino ad un totale a termine di gravidanza di massimo 12-14 kg ) e a controllare la pressione arteriosa, che deve essere inferiore a 140/80 e l’esame delle urine (assenza di zucchero e di albumina). La comparsa di albumina nelle urine, il gonfiore delle caviglie o l’aumento della pressione deve essere subito segnalato al ginecologo. Le visite specialistiche ed altri esami saranno programmati lungo il decorso della gravidanza a giudizio dello specialista. A volte può essere necessario anche un breve periodo di ricovero in ospedale per più approfonditi controlli ed accertamenti. L’ insorgenza di una perdita anormale dai genitali, soprattutto se di sangue, richiede un controllo del ginecologo. La rottura del sacco amniotico (la cosiddetta perdita delle acque) obbliga al ricovero immediato. Nei casi di malattia febbrile acuta è necessario avvisare il ginecologo. Nei primi mesi di gravidanza è bene evitare gli esami radiologici, evitare le vaccinazioni ed usare medicinali solo dopo aver consultato il medico.
La gestante dovrà, per quanto è possibile, modificare il proprio ritmo di vita, non affaticarsi, tenere un appropriato regime alimentare ed astenersi in maniera assoluta dal fumare o dal bere alcolici. Il fumo danneggia di riflesso anche il bambino, che è nutrito tramite una rete di vasi sanguigni in cui i componenti tossici del tabacco penetrano:i figli di madri fumatrici pesano meno e l’incidenza di parti prematuri è maggiore. La crescita del bambino è direttamente influenzata dall’alimentazione della madre: un regime alimentare corretto è il modo migliore per prevenire disturbi digestivi e circolatori nel corso della gestazione e per arrivare in condizioni ottimali al parto. L’ idea che la donna gravida debba mangiare per due è priva di alcun fondamento scientifico: è importante la qualità dei cibi e non la quantità. La vita sessuale durante la gravidanza si svolge senza alcun problema fino al 9° mese. La maggior parte degli sport richiedono un notevole affaticamento e sono perciò controindicati soprattutto nel secondo e terzo trimestre. Gli sport consigliati sono le passeggiate lunghe e frequenti, l’andare in bicicletta, il nuoto, lo yoga, e la ginnastica dolce.
Sarebbe auspicabile che il monitoraggio ecografico di una gravidanza fisiologica prevedesse almeno tre ecografie: una per ogni trimestre. Per ottimizzare le informazioni derivanti dalle ecografie eseguite nelle tre diverse epoche di gestazione sarebbe opportuno praticare:
-quella del primo trimestre tra 10 e 13 settimane,
-quella del secondo trimestre tra 19 e 21 settimane,
-quella del terzo trimestre tra 30 e 34 settimane.
La sensibilità (ovvero la capacità) dell’ecografia di riconoscere le anomalie fetali è più elevata nel secondo trimestre. Comunque nessuna patologia fetale può essere sempre riconosciuta con l’ecografia. Nel primo trimestre di gravidanza possibile studiare una piccola parte dell’ anatomia fetale: pertanto è da considerare difficile, in tale epoca, il riconoscimento di un’anomalia fetale. Tra l’11* e la 13* settimana di gestazione l’ecografia permette la valutazione della “Translucenza nucale” che non è un esame diagnostico: essa ha lo scopo di identificare quelle gestanti il cui feto ha un rischio aumentato di cromosomopatie rispetto a quello
previsto per l’età materna. Trattasi sostanzialmente di un esame ecografico con sonda transadominale ad alta risoluzione che consente la misurazione dello spessore dei tessuti molli che ricoprono il tratto cervicale della colonna vertebrale del feto.Una translucenza nucale normale indica, un basso rischio per malattia genetica, cardiopatia o cromosomopatie ma non esclude che il feto possa essere affetto da cromosomopatie o altra sindrome genetica. E’ bene precisare che una translucenza nucale aumentata non indica necessariamente che sia presente una delle suddette condizioni ma la letteratura consiglia,in tale caso, di eseguire lo studio del cariotipo fetale e la consulenza genetica al fine di eseguire ulteriori indagini (ecocardiografia fetale, etc.) Comunque, anche nel caso di una translucenza nucale aumentata, l’ipotesi statisticamente più probabile è che il feto sia sano. L’esame ecografico più importante per lo studio dell’anatomia fetale è quello del secondo trimestre (comunemente detta ecografia morfologica o strutturale). Inoltre possono ricercarsi dei marcatori di sospetto per cromosomopatie, rappresentati da alcuni segni che non essendo delle anomalie sono identificabili come segni minori o soft markers e sono: l’identificazione dell’osso nasale,cisti del plesso corioideo, foci iperecogeni cardiaci (golf ball), pielectasia, intestino iperecogeno ed altri. La presenza di un soft marker non indica che un feto è malato; purtroppo la sua assenza non indica che è sano. Per questi motivi la diagnosi ecografica di cromosomopatie è solo di “sospetto”: è in sostanza un’indicazione allo studio del cariotipo fetale.
Nella ricerca di segni di sospetto per malattia dei cromosomi sarebbe anche possibile integrare il risultato dell’ esame ecografico con un test biochimico, duo-test o ultrascreen:serve per accertare sempre a livello “probabilistico”l’assenza di eventuali anomalie. Consiste in un prelievo si sangue alla madre privo di qualunque effetto collaterale per il feto. E’ bene sottolineare che un esame ecografico normale in presenza di un test biochimico anomalo non esclude l’opportunità di eseguire lo studio del cariotipo fetale. L’esame ecografico del terzo trimestre ha lo scopo di rivalutare l’anatomia fetale, di valutare l’accrescimento fetale e di studiare la placenta ed il liquido amniotico. L’amniocentesi è una metodica invasiva che permette di effettuare uno studio sul numero e sulle alterazioni grossolane dei cromosomi. Forse non tutti sanno che le malformazioni conosciute sono circa 9000. L’Amniocentesi eseguita per screening delle cromosomopatie ne individua una decina che poi sono le più importanti e le più ricorrenti. Consiste nel prelievo di circa 20 cc di liquido dal sacco amniotico: le cellule presenti in tale liquido, provenienti dallo sfaldamento cutaneo del feto, una volta poste in coltura, vengono esaminate nel loro contenuto cromosomico. L’amniocentesi si effettua in regime ambulatoriale ed è preceduta da uno studio ecografico finalizzato ad evidenziare la presenza del battito cardiaco fetale, confermare o meno l’epoca gestazionale, evidenziare la presenza di una gravidanza gemellare. Sempre mediante l’ecografia si identifica la posizione del feto, della placenta e, quindi, la falda di liquido amniotico dalla quale effettuare il prelievo. Il prelievo viene eseguito mediante l’introduzione di un ago attraverso la parete addominale materna fino a raggiungere la falda di liquido. Dopo il prelievo viene controllata la presenza del battito cardiaco fetale e la paziente può essere inviata a domicilio. Si esegue di regola tra la 16* e la 18* settimana e viene effettuata sotto diretta visualizzazione ecografica esponendo, oggi, ad un rischio fetale particolarmente basso ma non nullo; per questo si consiglia di eseguire la metodica quando si sia individuato un fattore di rischio ragionevolmente significativo (età materna, familiarità, screening biochimici positivi), significative motivazioni psicologiche o un alterato screening ecografico. Le moderne tecniche di biologia molecolare hanno esteso l’uso di questa metodica anche per le malattie infettive pericolose in gravidanza (toxoplasmosi, citomegalovirus, rosolia, etc.), quando le classiche indagini di sierologia materna (complesso TORCH) indicano una situazione di infezione manifesta o sospetta. In tali casi è possibile individuare l’agente patogeno nel compartimento fetale con una accuratezza e sensibilità che può raggiungere il 95%. Questo ci ha permesso di riservare il prelievo di sangue fetale
(Funicolocentesi) solo ai casi in cui si dimostra la presenza di un’ infezione fetale, al fine di definire l’entità del danno prodotto dall’infezione accertata. Alcune infezioni rappresentano ancora oggi una delle cause più frequenti di malattie materne e fetali; questo nonostante i notevoli progressi in campo farmacologico nello sviluppare antibiotici, antivirali e vaccini contro tali microrganismi. Le infezioni a maggior rischio di malformazioni fetali sono:
La Rosolia
viene spesso contratta nell’infanzia e da una immunità permanente; se invece viene accidentalmente contratta in gravidanza i danni sul feto saranno tanto più gravi quanto più precocemente è stata contratta la malattia, e riguarderanno le funzioni più fini (vista, udito, lesioni cerebrali, ecc.). La profilassi prevede una vaccinazione di massa effettuata nei primi anni di vita con un vaccino trivalente contro rosolia, morbillo e parotide
La toxoplasmosi
è una malattia che si contrae mangiando carne infetta, cruda o poco cotta, o entrando accidentalmente in contatto con feci di gatto. Tanto più precocemente il protozoo entra in contatto con il feto tanto maggiori saranno le alterazioni indotte soprattutto a livello cerebrale. Una terapia ad alte dosi con un antibiotico specifico può limitare notevolmente i danni. Il citomegalovirus, infezione diffusa in tutto il mondo, si contrae facilmente con rapporti sessuali e con i baci. Proprio per la facilità di contrarla si induce facilmente una protezione autoimmunitaria. E’ spesse volte asintomatica. La percentuale di neonati infetti e
bassa,0,3%/2%, e di questi solo pochi presentano segni di embrio-fetopatia. Come già detto la gravidanza è e rimane una condizione fisiologica, cioè una cosa naturale e pertanto va vissuta come tale. Una regolare, ma moderata, attività fisica fortifica ossa e muscoli e anche durante la gravidanza, se ovviamente non vi sono controindicazioni, può essere utile in quanto:
aiuta a ridurre i dolori di schiena, la stitichezza e il gonfiore;
migliora la postura;
vi da energia;
aiuta a dormire meglio.
Un ottima e completa attività fisica è rappresentata dal nuoto, buone anche yoga, camminate, ciclette.
Attenzione anche all’ambiente di lavoro.
Se la gravidanza procede bene lavorate tranquillamente sino al 7°/8° mese, questo riterrà la mente impegnata e la gravidanza scorrerà più serena. Un riposo anticipato senza motivo vi farà porre una eccessiva attenzione alle modificazioni del vostro corpo, così amplificherete tutti i sintomi che potrete avvertire (nausea, piccole contrazioni, movimenti fetali non riconosciuti, ecc.) che vi aumenteranno notevolmente l’ansia che è già di base presente durante la gestazione.
Portate abiti ampi, comodi, soprattutto dopo il terzo mese.
Le scarpe dovranno essere basse e comode, questo vi assicurerà una postura stabile e una migliore circolazione. Se avete problemi di vene varicose, delle calze elastiche vi aiuteranno a contenere e sostenere la circolazione venosa. In auto….. più cresce la pancia più dovrete evitare di guidare, e più dovrete stare nei sedili posteriori; attenzione ovviamente all’uso di biciclette e motorini. Dal parrucchiere evitate permanenti e tinture che non siano naturali. Dall’estetista usate sostanze non tossiche, evitate elettrostimolazioni, no a massaggi sulla pancia, evitate lampade a raggi UVA a livello addominale. Al mare evitate le ore calde e di esporsi al sole stile “lucertola”. Prudenza quando si entra in acqua….. ricordiamoci che è comunque più fredda dell’ambiente esterno; bere molto e mangiare molta frutta.
Evitate ambienti affollati e chiusi.
Partorire naturalmente, ma senza dolore
Molte donne riescono, se ben preparate, a controllare l’ansia e la paura legate al parto ed a controllare la percezione del dolore durante il travaglio. Per altre donne invece il dolore può rappresentare una difficoltà in più ed un motivo di ridotta serenità al momento del parto stesso. Per queste donne è possibile usufruire dell’analgesia epidurale, che permette loro di controllare efficacemente il dolore partorendo in modo naturale e spontaneo. L’analgesia epidurale è la tecnica più sicura ed efficace per controllare il dolore del travaglio e del parto. Essa determina in pochi minuti la scomparsa del dolore, lasciando inalterate tutte le altre sensibilità compresa quelle delle contrazioni uterine che continuano ad essere percepite in modo non doloroso. La partoriente è libera di muoversi e, a seconda della tecnica impiegata, anche di camminare. La forza muscolare non viene diminuita, per cui la partoriente mantiene in pieno la capacità di eseguire gli
sforzi espulsivi, ed il parto avviene con piena partecipazione della futura mamma. L’analgesia epidurale viene eseguita da un medico anestesista esperto in questa tecnica. Consiste nella introduzione attraverso un ago, a livello della regione lombare, di un sottilissimo tubicino di plastica (cateterino)che viene posizionato a circa 4-5 cm sottocute, a livello delle fibre nervose che trasmettono il dolore del travaglio. Attraverso il cateterino si somministra la soluzione analgesica. La procedura richiede pochi minuti e non è dolorosa, perché eseguita in anestesia locale. Il cateterino, fissato con un cerotto dietro la schiena, permette alla partoriente qualsiasi movimento, e si può rifornire in qualsiasi momento, in modo tale da controllare il dolore per tutta la durata del travaglio e del parto senza dover ricorrere ad altre punture. L’analgesia epidurale viene eseguita, dopo una visita anestesiologica, durante il travaglio, in accordo con il ginecologo e previo consenso informato da parte della futura mamma. Ovviamente i vantaggi maggiori si ottengono quando è messa in atto fin dall’inizio del travaglio stesso: l’analgesia poi può essere prolungata a seconda delle esigenze cliniche e della paziente, provvedendo al rifornimento di soluzione anestetica attraverso lo stesso cateterino di plastica: così il controllo del dolore si protrarrà per tutta la durata del travaglio e del parto. Non è opportuno eseguire l’analgesia epidurale in presenza di malattie emorragiche, in persone sottoposte a terapie anticoagulanti, in caso di gravi infezioni generalizzate o localizzate alla schiena. Un colloquio preventivo con l’anestesista servirà ad accertare se vi sono altre condizioni ostetriche, indicate di volta in volta dal ginecologo, che possono controindicare o ritardare l’uso dell’epidurale.
I disturbi che l’epidurale può causare sono, nella maggioranza dei casi, di lieve entità, transitori. Mentre gli inconvenienti più gravi sono rarissimi. Il mal di testa, possibile in alcune mamme dopo l’introduzione del farmaco, non dura più di due-tre giorni dalla nascita. Il prurito alle gambe, che non è mai troppo fastidioso ed è di brevissima durata, compare solo a volte (circa nel 10% dei casi). I dolori alla schiena, a volte presenti in alcune mamme dopo la nascita del bambino, non sono da riferirsi alla peridurale perché sono presenti anche in donne che hanno partorito senza l’analgesia e sono probabilmente legati ali sforzi del parto. Le
complicanze neurologiche, cioè la possibilità che in conseguenza di un ematoma nel punto dell’iniezione si abbia una marcata riduzione della sensibilità degli arti inferiori anche per alcuni mesi, sono rarissime (coinvolgono circa una donna su 10 milioni). In Italia quest’anestesia non è ancora molto diffusa a causa di una scarsa informazione e per problemi organizzativi:le pazienti non sempre sono adeguatamente informate dalle strutture sanitarie; molte mamme hanno una paura eccessiva degli inconvenienti dell’epidurale per la loro salute, inconvenienti che, in realtà, ci sono in un caso su diecimila; diversi ospedali non l’effettuano ancora; in diversi reparti l’anestesista non sempre è a disposizione (24 ore al giorno) dell’equipe di sala parto, accanto al ginecologo, all’ostetrica e al pediatra. Alcune donne temono che partorire senza dolore equivalga a partorire in modo non naturale e che la epidurale possa privarle di quelle sensazioni che si associano all’evento. L’epidurale elimina solo la componente dolorosa della contrazione, ma non la contrazione stessa, la quale continua ad essere percepita. Lascia inalterata sia la sensibilità che lo stimolo a spingere. La forza espulsiva, rimanendo intatta, permette un parto del tutto naturale, non doloroso e poco faticoso. La futura mamma trascorre quindi con serenità le ore del travaglio accanto al proprio marito o ai propri cari. In piena coscienza e libera dal dolore, può affrontare gli sforzi espulsivi del parto nelle migliori condizioni e vivere pienamente una delle esperienze più significative della propria vita. In tal modo il benessere materno si trasmette al piccolo che sta per nascere.
DONAZIONE DEL CORDONE OMBELICALE
Con tale termine si intende la donazione del sangue di provenienza dalla placenta o dal cordone ombelicale.
Dal sangue placentare è possibile prelevare le cellule utili al trapianto di midollo. La donazione del cordone ombelicale è semplice.
Non comporta alcun rischio o sofferenza, né per il neonato né per la mamma, e può offrire a tante persone malate una speranza in più di guarire, perché il sangue del cordone ombelicale rappresenta una forma alternativa di cellule staminali e permette così ad un numero maggiore di pazienti di beneficiare di un trapianto. A parto avvenuto, solitamente il cordone ombelicale viene gettato. Si perdono così preziose cellule staminali (per intenderci, appunto, le stesse presenti nel midollo osseo) in grado di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Circa il 50% delle persone affette da leucemie e linfomi, per le quali è necessario il trapianto di midollo osseo, non può disporre di un donatore compatibile in ambito familiare, né lo riesce a trovare tra i nominativi iscritti nei registri internazionali dei donatori volontari. Per tutte queste persone, il sangue del cordone ombelicale può essere un valido sostituto del midollo nel trapianto ed una donna che decide di donare quel sangue offre a diversi malati una speranza in più di guarire. In futuro il sangue del cordone ombelicale potrà forse rappresentare una fonte di cellule staminali importantissima per curare le lesioni vascolari o cerebrali, il diabete, il morbo di Parkinson e la distrofia muscolare. La donazione del cordone ombelicale è semplice e,come già detto, non comporta alcun rischio o sofferenza, né per il neonato né per la mamma. Il tutto avviene infatti direttamente in sala parto, quando il cordone ombelicale è stato già chiuso e reciso e il bambino già affidato alle cure dell’ostetrica e del pediatra. Mentre la placenta è ancora in sede si collega sterilmente il cordone con una apposita sacca dove si raccoglierà il sangue senza che il procedimento comporti alcun fastidio alla mamma. La sacca viene poi inviata alla banca del sangue cordonale dove, se idoneo, verrà congelato a -190°C per un tempo illimitato, rimanendo in attesa di essere utilizzato per un eventuale trapianto, mantenendo la sua capacità di proliferare e dare origine alle cellule del sangue una volta scongelato. Il sangue può essere usato solo se privo di agenti infettivi. Per questo, la donna che ha dato il suo consenso alla donazione deve sottoporsi a due prelievi, uno al momento del parto ed uno sei mesi dopo. Trascorso tale periodo, inoltre, deve essere disposta a dare informazioni sulle condizioni del bambino. Se si decide per la donazione, è sufficiente firmare il modulo per il consenso e per la raccolta della storia clinica per escludere che vi siano patologie familiari ereditarie eventualmente trasmissibili col sangue placentare. E’ altrettanto importante escludere la presenza di patologie della gravidanza e del parto, che controindichino il prelievo. La donazione non può essere effettuata nei seguenti casi: età gestazionale inferiore alle 35 settimane, presenza di febbre, presenza di meconio nel liquido amniotico, immunizzazione eritrocitaria, anemia materna, sofferenza fetale al momento del parto,malformazioni congenite o patologie ereditarie a carico del neonato. Il sangue placentare può trasmettere malattie virali e/o genetiche ai riceventi, pertanto non possono donarlo le donne affette o portatrici sane di malattie virali (epatite B e C, malattie veneree, AIDS), affette da malattie genetiche o da malattie del sistema immunitario. Sono escluse dalla donazione anche le donne che rientrano in categorie a rischio per la trasmissione di infezioni virali per una delle seguenti situazioni: trasfusioni, comportamenti sessuali a rischio proprio o del partner, tatuaggi, piercing, uso di droghe, partner affetto o portatore di patologie virali o genetiche.