Il cordone ombelicale può salvare una vita
Fino a poco tempo fa il sangue del cordone ombelicale veniva solitamente eliminato durante la fase di espulsione della placenta, che si verifica subito dopo il parto. Studi recenti hanno però dimostrato che il sangue contenuto nel cordone ombelicale e nella placenta è ricchissimo di cellule preziose, dette cellule staminali emopoietiche, presenti anche nel midollo osseo, preposte a formare gli elementi corpuscolari del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. In alcune malattie, come la leucemia (una forma di tumore in cui ci sono troppi globuli bianchi che alterano le funzioni del sangue) o gravi forme di anemia, il midollo osseo viene danneggiato e non è più in grado di produrre il sangue. Ecco perché le cellule staminali placentari sono preziosissime: trapiantandole, si può ripristinare la funzione del midollo, che riprende a produrre i globuli bianchi, rossi e piastrine normali. Di qui l’idea di utilizzare il cordone ombelicale, per donarlo a chi ne ha bisogno. Donare il sangue del cordone ombelicale è un procedimento molto semplice e non comporta nessun rischio né per la mamma né per il bebè, dato che il prelievo del sangue placentare avviene quando il cordone ombelicale è già stato reciso. Subito dopo la nascita, il cordone ombelicale viene pinzato in due punti e reciso: il neonato viene staccato, accudito normalmente e sottoposto ai controlli di prassi. Nel frattempo, un operatore esperto preleva con un ago dalla vena ombelicale il sangue rimasto nel cordone e nella placenta, che viene raccolto in una sacca sterile. Perché sia utilizzabile per un trapianto, la quantità di sangue deve essere di almeno 60 millilitri. L’unità viene trasportata presso la banca di sangue placentare in breve tempo, dove viene analizzata e controllata. Se è valutata idonea, viene congelata e conservata in azoto liquido a -196°, in attesa di richiesta da parte dei Centri trapianto. Anche la mamma viene sottoposta a controlli:
si tratta in realtà di due prelievi di sangue, uno prima del parto e l’altro sei mesi dopo la nascita del piccolo. In questo modo ci si assicura che non sia portatrice di malattie infettive (epatite B e C, HIV, sifilide, eccetera) e che non soffra di anemia o di malattie ereditarie. La donazione del sangue ombelicale ha perciò il vantaggio di non causare alcun rischio per chi lo dona (la mamma e il bambino) e può essere prelevato e conservato anche per molti anni, in modo da essere sempre disponibile al momento del trapianto di midollo osseo. Il prelievo del sangue placentare può essere eseguito in qualsiasi ospedale, che sia tuttavia in grado di fare riferimento a una struttura specializzata, dove la sacca di sangue venga elaborata e preparata per l’utilizzo (una cioè delle cosiddette banche del sangue). In Italia le banche di sangue placentare sono ancora poche, ma sono presenti in diverse regioni. Per avere qualsiasi tipo di informazione sulla donazione del sangue placentare si può contattare la U.O. di Ginecologia ed Ostetricia dell’ Az. Ospedaliera S.G. Moscati di Avellino oppure una sezione dell’ADlSCO (Associazione Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale), la prima associazione al mondo che riunisce le donne disposte a donare il sangue del cordone ombelicale, il cui sito italiano su Internet è consultabile all’indirizzo www.adisco.it, oppure la AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica).