Parte il primo studio internazionale per offrire in un prossimo futuro alle donne operate di cancro alla mammella una terapia per contrastare i disturbi della menopausa. L’Italia partecipa con dieci centri
Roma, 21 maggio 2003 – Vampate di calore, insonnia, osteoporosi, depressione, in una parola menopausa. Un tempo sinonimo di vecchiaia, oggi, per circa 12 milioni di donne italiane, un’altra fase della vita da vivere sole o in compagnia, in carriera o in pensione ma sempre a una condizione: in armonia con il corpo e la mente. Un alleato prezioso per le over 50 del ventunesimo secolo è la terapia ormonale sostitutiva, ma non tutte possono utilizzarla e allontanare i segni dell’età che avanza con una pastiglia o un cerotto: alcune donne, quelle che hanno già dovuto affrontare la dura prova di un tumore al seno, si trovano senza armi contro la menopausa, magari arrivata precocemente proprio a causa delle terapie antitumorali. Per trovare una soluzione anche per questi casi parte uno studio clinico internazionale, ‘Liberate’, per verificare la possibilità di utilizzare una molecola già nota in ginecologia, il tibolone, nel contrastare i sintomi della menopausa.
La terapia ormonale sostitutiva (TOS), basata sulla somministrazione di ormoni estrogeni e progestinici non può essere prescritta alle donne che hanno avuto, anche se guarite, un tumore al seno. Fino a pochi anni fa sopravvivere alla malattia era una conquista e nessuno aveva il coraggio di chiedere di più. Ma c’è chi ha avuto la forza di raccontare la fatica di vivere e i problemi di queste donne, come Daniela del Castillo, medico di Urbino oggi in pensione, che sulle pagine de La Repubblica, il 3 settembre del 2002 ha scritto: “Sarebbe bello se la scienza si occupasse di noi, oltre che per restituirci alla vita anche per migliorarne la qualità. Come per le donne “sane”. Forse dovrei accontentarmi di quello che ho. Forse. Ma forse siamo ancora (per fortuna) troppo poche per suscitare attenzione a questo livello”. Ma “loro” non sono poche, non più. I numeri in continua crescita del cancro della mammella stanno costringendo medici e ricercatori a cercare una soluzione per garantire alle 31 mila donne italiane, 300 mila europee che ogni anno si ammalano di tumore al seno, una vita il più possibile senza disturbi. “Grazie ai progressi della medicina e della chirurgia – spiega il professor Piero Sismondi ordinario di ginecologia oncologica all’università di Torino e coordinatore dello studio ‘Liberate’ per l’Italia – sono sempre di più le donne che, dopo aver superato il tumore della mammella si possono considerare guarite. Il prezzo pagato per ottenere il miglioramento della prognosi di tumore è stato, però, la sempre maggior diffusione della chemioterapia, ormai prescritta a gran parte delle pazienti dopo l’intervento a scopo precauzionale e che provoca in molti casi l’insorgenza di una menopausa precoce indotta da questi farmaci. La terapia ormonale sostitutiva, cui numerose donne vorrebbero ricorrere per alleviare i disturbi tipici di questa fase, solleva spesso interrogativi in merito al rapporto rischio/beneficio e alla potenziale azione nociva degli ormoni sulla mammella. Spesso da questo stato di incertezza scaturisce la più semplice delle scelte: non prescrivere alla paziente alcuna forma di terapia ormonale sostitutiva”. Di recente, sulla base di incoraggianti studi sul tibolone, steroide di sintesi in grado di prevenire l’osteoporosi e alleviare i sintomi della menopausa, ha avuto inizio uno studio clinico internazionale, “Liberate”, il cui obiettivo è quello di poter offrire anche alle donne che hanno avuto un tumore della mammella, una terapia per contrastare i disturbi della menopausa. “I dati clinici fino ad ora disponibili – spiega infatti il professor Giovanni Scambia – primario della sezione di ginecologia oncologica (dipartimento per la tutela della salute della donna e della vita nascente) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli di Roma – confermano che non vi è aumento della densità della ghiandola mammaria nelle pazienti sottoposte a terapia con tibolone e con placebo, rispetto a quelle che assumevano la terapia ormonale sostitutiva tradizionale. Inoltre in tutti i trials clinici non è stato evidenziato un aumento di incidenza di carcinoma mammario nelle pazienti che assumevano il tibolone rispetto alla popolazione di controllo. Basandosi su questi risultati appare ragionevole ritenere che il tibolone sia una molecola sicura da somministrare alle pazienti con pregresso carcinoma della mammella per il trattamento dei sintomi menopausali”. Nello studio verranno arruolate 2.600 donne in 180 centri di 26 Paesi. 1300 saranno trattate per cinque anni con tibolone, 1300 con placebo. Il reclutamento – cominciato contemporaneamente in tutte le nazioni coinvolte a partire dal giugno 2002 – durerà 18 mesi. Le nazioni in cui il reclutamento procede con più successo sono Taiwan, Belgio, Inghilterra, Austria, Finlandia, Cile, Germania. Lo studio fornirà i primi risultati nel 2006 per concludersi alla fine del 2007. “Le donne che parteciperanno al trial verranno trattate per 5 anni – spiega il professor Pierluigi Benedetti Panici, professore ordinario di ginecologia oncologica all’Università Campus Bio-Medico di Roma – e attentamente monitorizzate al fine di evidenziare gli effetti benefici e eventuali effetti collaterali. Né le pazienti, né i medici che le seguono sanno quali donne assumono realmente il farmaco e quali invece il placebo. Tale tipo di studio rappresenta attualmente il gold standard dell’evidenza. L’adozione del doppio cieco, infatti, impedisce qualunque errore indotto dallo sperimentatore o dal paziente”. “Le patologie connesse al blocco dell’attività ormonale – spiega il dottor Luciano Mariani, ginecologo oncologo dell’istituto nazionale tumori “Regina Elena” di Roma, responsabile dell’ambulatorio di menopausa nella donna oncologica (Prometeo: progetto menopausa e terapie oncologiche) – possono essere molto gravi e invalidanti, pensiamo all’osteoporosi che provoca fratture e infermità. Una cura è quindi indispensabile tanto più per le donne giovani, quelle che a causa del tumore al seno entrano in menopausa anche con dieci, venti anni d’anticipo. La perdita di densità ossea per queste persone rappresenta un rischio reale contro il quale abbiamo al momento poche armi. Uno studio scientificamente rigoroso, che consenta di testare la sicurezza del tibolone, molecola nota a noi ginecologi da anni, era quindi un’esigenza indifferibile”.